Tribunale di Milano – Sentenza n. 2582/2025 – accolta l’opposizione a Decreto ingiuntivo proposta dall’Avv. A. Amatucci – Riduzione nella misura del 60% della penale contrattuale in un contratto di licenza d’uso del marchio

Il Tribunale di Milano, con una recente sentenza n. 2582/2025 del 27 marzo 2025, ha affrontato un’interessante questione in materia di contratti di licenza d’uso del marchio e clausole penali, fornendo importanti chiarimenti sulla qualificazione e riducibilità delle clausole che prevedono il pagamento del corrispettivo anche dopo la risoluzione del contratto.

La vicenda processuale trae origine dall’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da Alfa e Beta per il tramite dello scrivente avvocato contro la società Zeta, che aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per € 103.917,17 a titolo di corrispettivo per i servizi offerti in forza di un contratto di licenza di marchio.

Il punto centrale della controversia riguardava l’interpretazione della clausola 6.3 del contratto, che prevedeva l’obbligo del licenziatario di corrispondere tutti gli importi residui del contratto anche in caso di risoluzione o recesso.

Il Tribunale, attraverso un’attenta analisi interpretativa ex artt. 1362 e 1367 c.c., ha qualificato tale clausola non come prezzo ma come clausola penale da inadempimento. Come evidenziato dalla Cassazione con ordinanza n. 26901/2023, “le clausole penali ed altre simili, con le quali le parti abbiano determinato in via convenzionale anticipata la misura del ristoro economico dovuto all’altra in caso di recesso o inadempimento, non avendo natura vessatoria, non rientrano tra quelle di cui all’art. 1341 c.c. e non necessitano, pertanto, di specifica approvazione”.

La sentenza ha chiarito che, dopo la risoluzione del contratto, non può essere richiesto il pagamento di un corrispettivo per obbligazioni non eseguite, non sussistendo ontologicamente alcun prezzo. La clausola in questione ha quindi la funzione di quantificare, in via forfetaria e preventiva, il danno spettante al licenziante in caso di risoluzione per inadempimento imputabile alla licenziataria.

Applicando l’art. 1384 c.c., il Tribunale ha proceduto alla riduzione della penale ritenuta manifestamente eccessiva. Come ricordato dalla Cassazione con ordinanza n. 34021/2019, il potere di riduzione della penale può essere esercitato d’ufficio, ma è subordinato all’assolvimento degli oneri di allegazione e prova circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell’eccessività.

Nel caso di specie, il Tribunale ha ridotto la penale da €101.796,50 a €30.000,00, considerando:

– La durata effettiva del contratto (risolto dopo circa 18 mesi rispetto alla durata quinquennale prevista)

– L’avvenuta restituzione dei beni mobili del valore di €45.000,00

– La precedente manifestazione di volontà della licenziante di accettare, a titolo di penale, la minor somma di €20.000,00

La sentenza ha inoltre precisato che, essendo la clausola penale limitativa del danno ex art. 1382 c.c., non possono essere riconosciuti ulteriori danni relativi alla prestazione principale, salvo il rimborso delle spese per i protesti delle cambiali (€531,00) in quanto costi sostenuti per la riscossione del corrispettivo contrattuale.

Il Tribunale ha quindi revocato il decreto ingiuntivo, condannando le opponenti al pagamento, in via solidale, di €30.000,00 a titolo di penale da inadempimento.

La pronuncia offre un importante contributo interpretativo sulla qualificazione delle clausole che prevedono il pagamento del corrispettivo post risoluzione nei contratti di licenza, confermando la possibilità di riqualificarle come penali e conseguentemente applicare il potere di riduzione ex art. 1384 c.c. quando manifestamente eccessive.

 

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